
SCENOGRAFO, COSTUMISTA:
professione eclettica, creativa, divertente!
Prosa, poesia, arte, musica, danza, architettura, psicologia, regia, montaggio, fotografia sonoro sono gli argomenti che trattiamo costantemente!
Essendo coinvolti in tutti questi argomenti, strada facendo ne troviamo uno che ci affascina un po’ di più e proviamo a esprimerci, per il nostro piacere, senza pensare alla nostra professione.
Così può succedere che uno scenografo, un costumista, poi diventi regista, o scriva dei testi o suoni uno strumento, o dipinga dei quadri o si esprima anche nella scultura o nel design.
Qualcuno danza, qualcuno fa l’attore, qualcuno disegna gioielli o entra nel mondo della moda.
A volte quella nascosta parte artistica può farci scoprire che la nostra esperienza di scenografi-costumisti, così eclettica, ci ha fatto trovare una strada più importante, e allora seguiamo anche quella, come è successo a molti di noi.
La mostra non è che un modo per far conoscere la scintilla artistica che c’è in molti che fanno questo lavoro, e che a volte, per eccesso di pudore, viene tenuta nascosta in un armadio.
L’ESPLOSIONE DELLA IMMAGINE HA VINTO?
di ITALO MOSCATI
Sono a Venezia e cammino davanti alle Corderie dove ogni anno ci sono grandi mostre d‘arte che creano file di pubblico infinite. Ma in questi giorni le Corderie, di cui è “padrona” la Biennale d’arte, sono chiuse. E’ una pausa dell’attività espositiva. Qualche giorno fa l’Acqua Molto Alta ha fermato tutto nel disagio, di più, nella paura. Vado avanti. Devo scrivere su qualcosa che è lontana e mi riparo in una casa amica per farlo. Devo scrivere su una Mostra a Frascati. Lo faccio. La memoria e lo sguardo sono pieni delle immagini di cui ho visto la concretezza artistica e ammirato la fantasia. Lo spettacolo è bello e incisivo. I quadri sono lì per testimoniare qualcosa in cui l’arte sviluppa la loro realtà nuova. Il contagio con i Luoghi Veneziani d’arte in cui mi sono trovato creano un contagio. Da anni sta accadendo che la fantasia ha preteso di scatenarsi. I quadri di Frascati sono parte di un’emozione complessiva che colpisce e dura. In essi c’è la proposta di vedere, anzi spiare il mondo, cercando non di ordinarlo ma di sconvolgerlo, proponendo sensazioni e contaminazioni. C’è dinamismo e freschezza. C’è il gusto, il piacere di prendere dalla vita immagini e di proporre una sorta di splendido luna park esistenziale in cui i corpi e la materia delle cose convivono nel piacere del passato con il suo fascino e tentano strade di futuro. L’arte come prova di esistenze che creano libertà e nuove esperienze di condivisioni. La fusione delle emozioni dimostra che le immagini sono esplose e vivono non solo nelle mostre ma nella sensazione che un gusto diverso, nuovo, curioso si va imponendo. L’arte è una parentela di segni, immagini, realtà e spettacolo, archeologia e sogni futuristi. Il piacere è ampio, l’artista propone, chi guarda dispone, cerca di capire e di unirsi alle suggestioni dell’artista e sue personali. Chi guarda diventa socio del lavoro dell’artista, scopre con lui e trova il piacere di partecipare al viaggio che gli è proposto: il piacere della condivisioni, del gusto, del sogno e della realtà arriva con lui. Questo accade nello spazio dell’arte: da Frascati alle Corderie di Venezia, le immagini inventano intrecci e noi li viviamo con loro…
Puntata radiofonica di giovedì 16 gennaio da ascoltare online
ospiti Carlo Poggioli, in qualità di Presidente della ASC insieme alla direttrice della nostra rivista Scenografia & Costume Francesca Romana Buffetti.
HOLLYWOOD PARTY
E' stata occasione per raccontare la strada che abbiamo fatto insieme per arrivare al lancio online del magazine e delle prossime sfide che ci attendono.
Ascoltateci in tanti e non dimenticate di condividere sui social i contenuti più interessanti del sito www.scenografiaecostume.it e di regalare l’abbonamento - digitale e cartaceo - alla rivista.
“Le donne hanno una mente, hanno un’anima e non soltanto un cuore. Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza. Sono così stanca di sentir dire che l’amore è l’unica cosa per cui è fatta una donna. Sono così stanca di questo”
Ecco le parole di Jo March, interpretata dall’attrice Saoirse Ronan, nel nuovo e toccante film Piccole Donne della regista americana Greta Gerwig, all’indomani dell’era del me too.
Le piccole donne del meraviglioso romanzo di Louisa May Alcott sono sempre loro, le sorelle March: Meg, Jo, Beth, Amy. Cambiano i volti, non più Katharine Hepburn, non più Elizabeth Taylor o Winona Ryder o Kirsten Dunst… cambiano i volti sì… ma le protagoniste del romanzo sono sempre le stesse, caratterizzate alla perfezione dalla Gerwig, ognuna con le proprie peculiarità: Jo, l’instancabile scrittrice, la sua enorme passione brucia come le candele che la accompagnano tutta la notte mentre la sua penna si riversa fulminea sulle pagine bianche; Meg e la sua passione per i vestiti e per il lusso; la piccola pittrice Amy che appare sempre due passi dietro a Jo; e Beth, la più quieta di tutte, che con la sua musica scioglie i cuori e eleva le anime.
Il film, arrivato dopo numerosissime trasposizioni cinematografiche e televisive del noto romanzo americano del 1868, modernizza totalmente i personaggi avendo, al contempo, un enorme rispetto per le vicende e per la storia.
I fatti sono narrati in ordine non cronologico, bensì facendo avanti e dietro nel tempo e sono filtrati dallo sguardo della tenace Jo March, autrice della storia nella storia.
Il passato e il presente son ben distinti dalla regista: gli eventi legati al passato (e quindi all’adolescenza delle ragazze), seppur difficili, sono come filigranati d’oro… momenti rosei e vanigliati… così come sono i bei ricordi custoditi nelle nostre menti. Il presente invece è trattato con colori più rigidi e freddi, le ragazze sono ormai delle donne e devono affrontare la vita adulta e le problematiche da essa rappresentate. I due piani narrativi sono ben bilanciati e perfettamente gestiti nel film, le attrici sono incantevoli, riprese con delicatezza e dolcezza dalla regista.
Certo, la protagonista assoluta del film è appunto Jo, con la sua creatività, la sua tenacia, la sua immensa passione per la scrittura e per l’affermazione di sé nel mondo… e soprattutto con il suo amore incondizionato per le sorelle. “La vita è troppo breve per non amarsi tra sorelle” è la sua risposta ad Amy, quando quest’ultima
le confessa di aver spostato Laurie Laurence (ben interpretato da Timothée Chalamet) che Jo aveva capito di amare… troppo tardi.
Scenograficamente il lavoro sul film appare impeccabile. La casa dei March è stata costruita a Concord, in Massachussets, ed è stata arricchita con tutti i dettagli necessari a farla sembrare una casa abitata prevalentemente da donne. Gli ambienti sono caldi e accoglienti, e c’è una perfetta sintonia con i costumi delle protagoniste.
I costumi sono ad opera di Jacqueline Durran, già autrice dei costumi di Orgoglio e Pregiudizio e Espiazione, e vincitrice del premio Oscar per i costumi di Anna Karenina.
Per i vestiti di Meg (interpretata da Emma Watson), la Durran ha attinto ai disegni di William Morris e ha usato una tavolozza di colori verde e lavanda, per Amy (Florence Pugh) ha usato come riferimento la moda parigina di fine ’800, Beth (Eliza Scanlen) invece è vestita con abiti morbidi rosa e marroni. Per Jo il riferimento principale è stato un dipinto di Winslow Homer, Alta Marea.
La curiosità (che un occhio attento può notare nel film) è che Jo e Laurie si scambiano spesso i vestiti, anche se sono di sessi diversi. E il tutto avviene con una tale naturalezza che lo spettatore nemmeno se ne rende conto. Ecco quindi che, anche attraverso i costumi, la Gerwig sembra sottolinearci il concetto: una donna ha anche una mente, oltre ad un cuore… è in grado di inseguire e realizzare i propri sogni in maniera autonoma e, anche se dovrà lottare di più per far sentire la propria voce, tratterà sempre l’uomo come un suo pari, con cui scambiarsi anche i vestiti.
di Brunella De Cola
LA REPUBBLICA 22/12/2019
CASA DEL CINEMA
Una serata-evento alla Casa del Cinema per presentare la versione online della rivista "Scenografia&Costume" dell'Associazione Italiana Scenografi Costumisti e Arredatori, nata nel 2012 in forma cartacea da un'idea di Lorenzo Baraldi con Alida Cappellini e Giovanni Licheri, e ora su Internet per raggiungere un pubblico maggiore.
Alle 18.30 l'appuntamento con un omaggio a Piero Tosi e Franco Zeffirelli,scomparsi nel 2019, e letestimonianze di chi ha lavorato con loro come Dino Trappetti,Caterina d'Amico, Gabriella Pescucci, Milena Canonero, Maurizio Millenotti, Pippo Zeffirelli, Nicoletta Ercole, Alberto Spiazzi e Marco Gandini.
Attesi anche, fra gli altri, Monica Guerritore e Neri Parenti.
-cecilia cirinei
IL MESSAGGERO 23/12/2019
L'INCONTRO
E' nata una stella, la versione on-line della rivista di scenografia e costume voluta da scenografi,costumisti e arredatori. In tanti hanno testimoniato la loro presenza alla serata di presentazione Villa Borghese come Italo Moscati, Michele Mirabella, Neri Parenti, il presidente della Fondazione Tirelli, Dino Trappetti, Caterina D'Amico, Andrea Viotti, il costumista di Ozpetek Alessandro Lai e lo scenografo Tonino Zera che ha vinto il David per" La Pazza gioia". Un emozionato Carlo Poggioli, costumista di Paolo Sorrentino ha evidenziato come la rivista voglia "far conoscere anche ai non adetti ai lavori il contributo indispensabile che i mestieri del cinema, come quelli del teatro e della tv, danno in ogni opera creativa: mestieri che senza Franco e Piero non sarebbero come li conosciamo".
Il magazine, nato da un'idea di Lorenzo Baraldi, storico fondatore dell'associazione, con Alida Cappellini e Giovanni Licheri, è stato creato per far conoscere all'estero, il prezioso lavoro dei protagonisti del dietro le quinte: professionisti i cui nomi sono spesso legati a produzioni cinematografiche, teatrali e televisive nazionali e internazionali.
Ad aprire questo numero speciale, un omeggio a Piero Tosi e Franco Zeffirelli, Scomparsi nel 2019.
Valentina Venturi
CORRIERE DELLA SERA 24/12/2019
Villa Borghese
A Villa Borghese, accanto dalla Casa del Ci- nema, l’omaggio degli addetti ai lavori a due grandi artisti, Piero Tosi e Franco Zeffirelli. Il messaggio corale di ammirazione e stAricolo su LA REPUBBLICAima è sintetizzato nell’edizione speciale della rivista «Scenografia & Costume», che proprio l’altra sera ha festeggiato la versione online mettendo in copertina il titolo «Grazie Maestri» su un bozzetto firmato da Tosi per il film di Luchino Visconti «La caduta degli Dei». Il direttore Francesca Romana Buffetti ha raccolto le testimonianze di amici, colleghi e allievi del costumista premio Oscar e del regista di «Romeo e Giulietta», «attraversando così oltre 50 anni di storia del cinema e del teatro». Molti di loro erano presenti nel foyer dello Sporting Club Heaven, a partire dal presidente dell’Associazione Italiana Scenografi, Costumisti e Arredatori Carlo Poggioli (firma dei costumi della serie tv «The New Pope» di Sorrentino). Con lui, il regista Neri Parenti, lo scrittore e sceneggiatore Italo Moscati, Michele Mirabella (ha diretto di recente la «Cavalleria Rusticana» al Petruzzelli di Bari), Dino Trappetti della Sartoria Tirelli, il produttore Caterina D’Amico, i costumisti Alessandro Lai («La Dea Fortuna» di Ozpetek) e Eva Coen, e lo scenografo Tonino Zera.
Roberta Petronio
A dominare le candidature Joker, presente in ben 11 categorie. Il film di Todd Phillips, che ha appena conquistato due Golden Globe, è seguito da The Irishman e C'era una volta a... Hollywood con 10 nomination, 1917 con nove, Jojo Rabbit con sei, Piccole donne, Storia di un matrimonio - Marriage Story e I due Papi con cinque.
Sono state pubblicate le nomination ufficiali dell’edizione 2020 degli Orange British Academy Film Awards, BAFTA 2020.
Joker – già vincitore di due Golden Globe – è presente in 11 categorie, seguito da The Irishman e C’era una volta a… Hollywood con 10 nomination.
Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, Bombshell e Judy hanno invece ottenuto 3 nomination.
I BAFTAs 2020 si terranno il prossimo 2 febbraio presso la Royal Albert Hall di Londra.
Di seguito tutte le nomination:
MIGLIOR FILM
MIGLIOR FILM INGLESE
MIGLIOR FILM NON IN LINGUA INGLESE
MIGLIOR REGISTA
MIGLIOR DOCUMENTARIO
MIGLIORE ATTRICE
MIGLIOR ATTORE
MIGLIOR FILM ANIMATO
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
MIGLIOR SCENEGGIATURA ADATTATA
MIGLIOR FOTOGRAFIA
MIGLIOR MONTAGGIO
MIGLIOR COLONNA SONORA
MIGLIOR SCENOGRAFIA
MIGLIORI COSTUMI
MIGLIOR CASTING
MIGLIOR TRUCCO E ACCONCIATURA
MIGLIOR SUONO
MIGLIORI EFFETTI VISIVI
MIGLIOR DEBUTTO DI UNO SCENEGGIATORE, REGISTA O PRODUTTORE INGLESE
MIGLIOR CORTO ANIMATO INGLESE
MIGLIOR CORTO INGLESE
EE RISING STAR AWARD – scelto dal pubblico
Fonte: Bafta
Una delle parole chiave del fantastico film di Jonah Hill, “Mid90s”, è senz’altro “autenticità”. Sì… perché a partire dalla superba regia di Hill, passando per la scenografia e i costumi, fino alla recitazione dei protagonisti, il film ci trasporta nel bel mezzo degli anni ’90, riproposti alla perfezione.
Mid90s, ambientato appunto nel 1995, narra la calda estate del tredicenne Stevie, che vive con la madre single e un fratello maggiore piuttosto prepotente. Il ragazzino si avvicina ad un gruppo di skaters: il coetaneo Ruben, lo sballato Fuckshit, il timido Fourth Grade e il capo carismatico Ray. Ben presto i quattro non solo diventano i suoi migliori amici, ma una sorta di famiglia acquisita, un punto di riferimento nella crescita di Stevie, ribattezzato Sunburn dall’amico Ray.
E così, sulle note dei Nirvana e dei Wu-Tang Clan, assistiamo ad un bellissimo racconto di formazione, che scivola nei nostri cuori veloce come lo scorrere degli skate di Stevie e Ray su strada al tramonto.
È Jahmin Assa, già scenografo per Gus Van Sant di Don’t Worry He Won’t Get Far On Foot, a firmare il film come production designer.
In una mini intervista racconta un po’ del suo lavoro: la ricostruzione degli ambienti californiani degli anni ’90, dal negozio di Skate alla casa del protagonista Stevie:
«È strano pensare che il 1995 sia stato più di 20 anni fa… questo ha fatto sì che ci siamo ritrovati a ricostruire comunque un’“epoca”. Jonah e io abbiamo parlato a lungo del fatto di non fare un "inno agli anni '90" con tutti gli oggetti di scena e i vestiti più ovvi. Chiaramente, per ricostruire un certo anno, devi includere nella scenografia anche oggetti ed elementi antecedenti alla data della tua storia. Bisogna “stratificare” la scena. Le case dovevano sembrare come se fossero state arredate a metà degli anni '80 e su questa base siamo andati poi ad aggiungere elementi.
Per il negozio di skate abbiamo immaginato un ambiente semplice, un po’ precario… come se stesse per chiudere la settimana successiva, come se la grafica fosse stata fatta da chiunque sapesse disegnare alla buona. Il negozio di skate è stato senz’altro l’ambiente più difficile, perché sapevamo che se avessimo commesso degli errori, sarebbe apparso immediatamente falso.
Per la casa di Stevie, due elementi ci sembravano essenziali: un lungo corridoio che collegava le camere da letto, per la scena di combattimento tra Stevie e suo fratello maggiore Ian, e un piazzale esterno per il piccolo Stevie in cui esercitarsi sul suo skate. Abbiamo voluto mantenere la palette dei colori della casa a bassissimo contrasto, con molte creme, beige e legni chiari. La vita di Stevie doveva apparire molto vanigliata, suburbana e insipida prima che si aprisse al mondo più ricco della città e al negozio di skate.
Ian, il fratello di Stevie, era descritto in sceneggiatura come un ragazzo arrabbiato, con un disturbo ossessivo compulsivo, amante dell’hip-hop. I CD, le musicassette, le sneaker Jordan, i poster hip-hop, i cappellini da baseball, sono stati riposti in modo preciso. Abbiamo inoltre aggiunto le spade dei samurai e una panca da allenamento per esprimere la sua rabbia.
La stanza di Stevie inizialmente si configurava come la tipica stanza per bambini degli anni '90: disordinata, piena di poster di Pogs, Teenage Mutant Ninja Turtles, Beavis and Butthead e Space Jam. Successivamente però avrebbe lasciato il posto alla sua nuova individualità e carattere del protagonista: abbiamo sostituito i poster con altri elementi più da teenager, come per esempio lo Slap Skate Magazine attaccato alle pareti.»
di Brunella De Cola
Vogliamo ricordare Antonello Falqui, il più grande regista di spettacolo della tv italiana che ha firmato programmi dagli anni sessanta agli ottanta.
Ci teneva all’eleganza: a confezionare prodotti di livello che, anche se di semplice intrattenimento, potessero diffondere stile e buon gusto nelle case degli italiani La regia, le luci, le scenografie i costumi, tutto calibrato e studiato, senza inutili sfarzi o elementi esagerati.
Con lui si provava e si riprovava, come un grande spettacolo teatrale. Nulla era dato all’improvvisazione.
Milleluci, Rai
Le Kessler, il Quartetto Cetra, il quasi debutto di Mina giovanissima, le grandi coreografie per le sigle, gli ampi movimenti delle camere.
Col produttore Guido Sacerdote, si recavano negli Stati Uniti a trovare talenti e modi per fare il varietà in Italia.
Studio Uno, Rai
Tra i numerosi lavori:
Arrivi e partenze (1954), Un altro varietà (1986), Canzonissima (1958-59, 1969-70), Giardino d’inverno (1961), Studio Uno, Biblioteca di Studio Uno, Teatro 10 (1964), Mille luci (1974).
Un linguaggio televisivo elegante, una regia ben studiata, le inquadrature efficaci, gli spazi ad esaltarei protagonisti delle scene.
E poi i balletti, le gag, i costumi, senza avere timore a mostrare gli strumenti di quel mondo sfavillante : telecamere, microfoni, telai, giraffe, luci.
Il nostro varietà televisivo, con Falqui, ha raggiunto l'apice.
Nel giorno di Halloween, Il Graduate Center della City University of New York ha offerto alla sua città un evento eccezionale per la serata di apertura della seconda edizione dell’ Academic Festival IC-CUNY (Italian Cinema CUNY ) : l’università ha presentato una master class intitolata The Crafts of Cinema (I mestieri del cinema), portando sul palcoscenico pluripremiati costumisti italiani e americani di grande fama. L’evento è il frutto di una collaborazione senza precedenti tra il mondo universitario e l’Accademia del Cinema Italiano.
Esterno del Graduate Center di New York
La Professoressa Eugenia Paulicelli, Fondatrice e Direttrice di IC-CUNY, un progetto educativo creato per promuovere il cinema italiano e per approfondire il dialogo tra la cultura italiana e quella americana, insieme a Massimo Mascolo, Consulente del premio David di Donatello e Direttore Associato di IC-CUNY 2019, ha portato sul palco celebri ospiti tra cui Ann Roth, vincitrice del premio Oscar e del premio Tony (Un uomo da marciapiede, Hair, Il talento di Mr. Ripley, Il paziente inglese, Mamma mia, The Hours, Julie&Julia, Angels in America, e Ritorno a Cold Mountain); Carlo Poggioli, candidato agli Emmy e ai David di Donatello (assistente designer su film quali Il nome della rosa, La voce della luna, L’età dell’innocenza, La lettera scarlatta; ha firmato i costumi tra gli altri per Seta, I fratelli Grimm, Divergent, Ritorno a Cold Mountain, Youth – La giovinezza, Loro 1, Loro 2, The Young Pope, e The New Pope); e Donna Zakowska, due volte vincitrice del premio Emmy (Crimini e misfatti, Kate & Leopold, Original Sin, Romance and Cigarettes, e le serie televisive John Adams e The Marvelous Mrs. Maisel); anche Milena Canonero, vincitrice di quattro Oscar e del Premio David di Donatello (Barry Lyndon, The Shining, La mia Africa, Momenti di gloria, Marie Antoinette, Grand Budapest Hotel) era tra gli invitati della serata, ma è stata costretta a cancellare la sua partecipazione proprio all’ultimo momento.
Eugenia Paulicelli (Photo by Simone Caprifogli )
La Professoressa Eugenia Paulicelli, da anni studiosa di moda e cinema, che ha fondato Fashion Studies al Graduate Center, ha aperto la serata riflettendo sul coinvolgimento che il Graduate Center e il Queens College hanno avuto nel campo dell’approccio accademico alla moda e al cinema, nel corso degli anni. Ha poi continuato spiegando come queste due industrie, “abbiano sempre avuto un legame sinergico nel loro uso della tecnologia, sia attraverso la macchina fotografica e la cinepresa, che attraverso il corpo e la performance”. I costumi utilizzati nei film, ha fatto inoltre notare al pubblico, non hanno semplicemente preso in prestito dalla moda e dall’haute couture, ma hanno ispirato la produzione della moda, costituendo una parte fondamentale del cinema fin dalle sue prime origini e diventando “una vetrina virtuale di vestiti”.
L’Italia ha avuto un ruolo centrale nel campo del design e dell’innovazione, e il suo legame con l’America ha alle spalle una lunga tradizione di collaborazione, che è iniziata durante il periodo dei film muti e dura tutt’oggi. È proprio lo stretto rapporto tra i due paesi che si è voluto celebrare durante questa prima serata a New York, insieme ai noti costumisti.
Sul palco con la Professoressa Paulicelli è intervenuta per prima Piera Detassis, Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. Detassis ha parlato della storia del Premio David di Donatello, della relazione speciale che corre tra Italia e Stati Uniti, e ha offerto anche uno dei momenti più emozionanti della serata, mostrando un video in cui Marilyn Monroe riceve il David presso l’Istituto di Cultura Italiana di New York, nel 1959. Nella breve clip, una meravigliosa Anna Magnani le consegna la statuetta, poi Marilyn le chiede la traduzione italiana di qualche parola, prende il microfono, e sospira: “sono commossa, grazie”.
Dopo l’intervento di Detassis, un’altra ospite è salita sul palco. Si è trattato di Monica Branetti che, per rendere quest’occasione ancora più speciale, ha portato dall’iconica casa di gioielli BVLGARI l’originale statuetta in oro che fu consegnata a Gina Lollobrigida per il suo ruolo come miglior attrice nel film La donna più bella del mondo.La statuetta fu creata da BVLGARI nel 1955.
Carlo Poggioli, Piera De Tassis, Eugenia Paulicelli, Massimo Mascolo, Ann Roth
La serata è continuata con una conversazione insieme ai costumisti Ann Roth, Carlo Poggioli e Donna Zakowska. Si è parlato del ruolo dei costumisti, dei problemi e delle gratificazioni che possono derivare da questo lavoro.
Zakowska è convinta che “i vestiti siano parole” e i costumisti possano disegnare “poesie visive” attraverso il loro lavoro. Ha evocato la gioia che si prova nel momento magico in cui un costumista capisce che, grazie al suo lavoro, è finalmente nato un attore.
Ann Roth ha sottolineato l’importanza per un attore o un’attrice di trovare il proprio personaggio: alcuni attori vogliono continuare ad essere se stessi, ma in un film, non è possibile, “devono diventare personaggi!” ha esclamato la costumista.
Per Poggioli, poi, un costumista deve sapere tagliare e tingere i tessuti, ma deve anche essere un bravo psicologo, perché l’abilità di comunicare con i registi e gli attori è fondamentale per creare personaggi che siano in sintonia con i luoghi e la storia.
Roth e Zakowska hanno fatto notare come la mancanza di manodopera artigiana di sarti sia un fenomeno che oggi metta a rischio la professione dei costumisti. Il problema, comunque, come spiega Poggioli, non è causato solo dalla carenza di personale specializzato, ma anche e soprattutto dall’imponente numero di film che vengono prodotti settimanalmente e riducono drasticamente i tempi di preparazione dei costumi.
Sia Roth che Zakowska hanno poi riflettuto sui conflitti che possono nascere con i produttori: lavorando come “artisti nel mondo degli affari”, è meglio non immischiarsi mai in conversazioni con i produttori: insomma i costumisti sono artisti, non uomini d’affari!
Le due costumiste hanno anche parlato del loro impegno a non accettare mai lavori le cui storie possano essere umilianti per le donne.
Gli ospiti hanno regalato ricordi di momenti che rimarranno indimenticabili: l’incontro di Poggioli con Anthony Hopkins e il suo lavoro nell’ultimo film di Fellini La voce della luna; le rievocazioni di Roth nei suoi intenti di trovare i vestiti per Dustin Hoffman e la pelliccia rossa per Brenda Vaccaro nel film Un uomo da marciapiede; il rimprovero di Poggioli a Zakowska perché “non si può fare un vestito al computer!” sono solo alcune delle gemme della serata.
L’evento è continuato con brevi clips che mostravano alcuni dei lavori creati dai costumisti, e con una conversazione illustrata tra la Professoressa Paulicelli e il produttore Roberto Bessi, che ha parlato della storia di Annamode, del ruolo che la celebre casa di costumi ha avuto nel mondo del teatro e del cinema, e del lancio di “Annamode1946”, una nuova marca di moda.
La serata si è conclusa con la proiezione di un cortometraggio della regista Maria Tilli del Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC): un progetto finanziato da Louis Vuitton su una reinterpretazione moderna di un vestito del 1780, nel quale compaiono i costumisti Maurizio Millenotti e Piero Tosi.
Piera Detassis (Photo by Simone Caprifogli)
Il secondo appuntamento con il Festival Accademico IC-CUNY è in programma per il 13 Novembre. La serata si incentrerà sul cinema italiano contemporaneo. Eugenia Paulicelli, Massimo Mascolo e Claudio Napoli introdurranno la proiezione della serie The New Made in Italy su Cesare Attolini: Made in Naples; seguiranno la proiezione di Una storia senza nome(2018), l’ultimo lavoro del regista Roberto Andò e una discussione sul film con lo sceneggiatore Angelo Pasquini.
La serata finale intitolata “Hybrid Intersections: Fashion, Costume, Cinema and Television” si terrà il 5 Dicembre. L’evento prevede una conversazione tra la Professoressa Deepsikha Chatterjeee Siobhan Nestor, la principale sarta di abiti da donna presso la Metropolitan Opera; la proiezione della nuova serie The New Made in Italy di Massimo Mascolo, Claudio Napoli, Eugenia Paulicelli che mostra la storia dell’eccellenza italiana nella moda, nei costumi e nel suo patrimonio culturale.
Il festival si concluderà con una conversazione con Daniela Ciancio, costumista e vincitrice del David di Donatello, e Christian Cordella, artista e costumista.
Master class
La serata è continuata con una conversazione insieme ai costumisti Ann Roth, Carlo Poggioli e Donna Zakowska. Si è parlato del ruolo dei costumisti, dei problemi e delle gratificazioni che possono derivare da questo lavoro. Zakowska è convinta che “i vestiti siano parole” e i costumisti possano disegnare “poesie visive” attraverso il loro lavoro. Ha evocato la gioia che si prova nel momento magico in cui un costumista capisce che, grazie al suo lavoro, è finalmente nato un attore. Ann Roth ha sottolineato l’importanza per un attore o un’attrice di trovare il proprio personaggio: alcuni attori vogliono continuare ad essere se stessi, ma in un film, non è possibile, “devono diventare personaggi!” ha esclamato la costumista.
Per Poggioli, poi, un costumista deve sapere tagliare e tingere i tessuti, ma deve anche essere un bravo psicologo, perché l’abilità di comunicare con i registi e gli attori è fondamentale per creare personaggi che siano in sintonia con i luoghi e la storia.
Roth e Zakowska hanno fatto notare come la mancanza di manodopera artigiana di sarti sia un fenomeno che oggi metta a rischio la professione dei costumisti. Il problema, comunque, come spiega Poggioli, non è causato solo dalla carenza di personale specializzato, ma anche e soprattutto dall’imponente numero di film che vengono prodotti settimanalmente e riducono drasticamente i tempi di preparazione dei costumi.
Sia Roth che Zakowska hanno poi riflettuto sui conflitti che possono nascere con i produttori: lavorando come “artisti nel mondo degli affari”, è meglio non immischiarsi mai in conversazioni con i produttori: insomma i costumisti sono artisti, non uomini d’affari!
Le due costumiste hanno anche parlato del loro impegno a non accettare mai lavori le cui storie possano essere umilianti per le donne.
Gli ospiti hanno regalato ricordi di momenti che rimarranno indimenticabili: l’incontro di Poggioli con Anthony Hopkins e il suo lavoro nell’ultimo film di Fellini La voce della luna; le rievocazioni di Roth nei suoi intenti di trovare i vestiti per Dustin Hoffman e la pelliccia rossa per Brenda Vaccaro nel film Un uomo da marciapiede; il rimprovero di Poggioli a Zakowska perché “non si può fare un vestito al computer!” sono solo alcune delle gemme della serata.
L’evento è continuato con brevi clips che mostravano alcuni dei lavori creati dai costumisti, e con una conversazione illustrata tra la Professoressa Paulicelli e il produttore Roberto Bessi, che ha parlato della storia di Annamode, del ruolo che la celebre casa di costumi ha avuto nel mondo del teatro e del cinema, e del lancio di “Annamode1946”, una nuova marca di moda.
La serata si è conclusa con la proiezione di un cortometraggio della regista Maria Tilli del Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC): un progetto finanziato da Louis Vuitton su una reinterpretazione moderna di un vestito del 1780, nel quale compaiono i costumisti Maurizio Millenotti e Piero Tosi.
Il secondo appuntamento con il Festival Accademico IC-CUNY è in programma per il 13 Novembre. La serata si incentrerà sul cinema italiano contemporaneo. Eugenia Paulicelli, Massimo Mascolo e Claudio Napoli introdurranno la proiezione della serie The New Made in Italy su Cesare Attolini: Made in Naples; seguiranno la proiezione di Una storia senza nome(2018), l’ultimo lavoro del regista Roberto Andò e una discussione sul film con lo sceneggiatore Angelo Pasquini.
La serata finale intitolata “Hybrid Intersections: Fashion, Costume, Cinema and Television” si terrà il 5 Dicembre. L’evento prevede una conversazione tra la Professoressa Deepsikha Chatterjeee Siobhan Nestor, la principale sarta di abiti da donna presso la Metropolitan Opera; la proiezione della nuova serie The New Made in Italy di Massimo Mascolo, Claudio Napoli, Eugenia Paulicelli che mostra la storia dell’eccellenza italiana nella moda, nei costumi e nel suo patrimonio culturale.
Il festival si concluderà con una conversazione con Daniela Ciancio, costumista e vincitrice del David di Donatello, e Christian Cordella, artista e costumista.
John Turturro con Donna Zakoska
Nell’audience, durante la prima serata del Festival, era seduto il celebre attore italo americano John Turturro, che per anni ha lavorato a stretto contatto con Donna Zakowska, con cui aveva frequentato anche la Yale School of Drama. L’attore ha ricordato come sua madre fosse una sarta e come fosse sempre circondato da stoffe e tessuti. Una conclusione perfetta a una serata perfetta! Sono certa che le prossime due serate di questo festival accademico sul cinema saranno altrettanto perfette e memorabili.
The Crafts of Cinema
At the Graduate Center of the City University of NY, the second edition of the festival with the participation of noted Italian and American costume designers
by Giulia Po De Lisle
I have always been a proud alumna of The Graduate Center of The City University of New York: its outstanding professors and world-class researchers have shaped my education beyond the years of my doctoral program in Comparative Literature. Their stimulating work has continued to engage scholars like me with new intellectual and artistic learning experiences.
On Halloween night, The City University of New York and Queens College offered an exceptional treat to the city (and me) during the second edition of the Academic Festival IC-CUNY (Italian Cinema CUNY) at the Graduate Center. In a special collaboration with The Academy of Italian Cinema David di Donatello, the university presented a master class on The Crafts of Cinema with Italian and American award-winning costume designers.
Professor Eugenia Paulicelli, Founder and Director of IC-CUNY, an educational project created to foster a deeper understanding of Italian cinema and a dialogue between Italian and American cultures, and Massimo Mascolo, David di Donatello Awards Consultant and IC-CUNY 2019 Associate Director, worked together to bring on stage internationally renowned costume designers: Oscar and Tony winner Ann Roth (Midnight Cowboy, The Talented Mr. Ripley, The English Patient, Mamma Mia, The Hours, Julie&Julia, Angels in America, and Cold Mountain); Emmy and David di Donatello nominee Carlo Poggioli (assistant designer for The Name of the Rose, The Voice of the Moon, The Age of Innocence; and costume designer for films like Silk, Brothers Grimm, Divergent, Cold Mountain, Youth, Loro 1, Loro 2, The Young Pope, and The New Pope); two time Emmy winner Donna Zakowska (Crimes and Misdemeanors, Kate and Leopold, Original Sin, Romance and Cigarettes, and the TV series like John Adams and The Marvelous Mrs. Maisel); and four-time Oscar winner and David di Donatello winner Milena Canonero (Barry Lyndon, The Shining, Out of Africa, Chariots of Fire, Marie Antoinette, Grand Budapest Hotel) was also supposed to attend, but was forced to cancel at the last minute. Professor Eugenia Paulicelli, a distinguished scholar of fashion and film, opened the night with remarks on the ongoing involvement of CUNY in the fields of fashion and cinema, two industries that, according to Paulicelli, “have always had a synergetic relationship insofar as they both use the technology of the camera, as well as that of the body and performance.” Film costumes, she explained, have not just borrowed from fashion and haute couture, but have inspired the production of fashion, and have been vital to cinema from its very birth by becoming “a virtual shopping window for clothes.” Italy has played a key role in the field of design and innovation, and the relationship between Italy and America has a long history of collaboration that started during the period of silent film and continues today. It is precisely this bond that the opening night wanted to celebrate by hosting masterclass award winning costume designers.
On the stage with Paulicelli to discuss the relationship between American and Italian cinema and the work of Ann Roth, Carlo Poggioli, and Donna Zakowska, was Piera Detassis, President and Artistic Director of the Academy of Italian Cinema David di Donatello Awards. Detassis talked about the history of the David di Donatello Awards, and the special bond between Italy and the United States. She also offered one of the most emotional moments of the evening by showing a video of Marilyn Monroe receiving the David Award at the Italian Cultural Institute in New York in 1959. In the clip, another legendary actress, Anna Magnani, presents Monroe with the David; Marilyn asks Magnani for the translation in Italian of the words that she wants to say, then reaches for the microphone to share her thoughts: “sono commossa, grazie” she says in Italian, almost whispering. Special guest Monica Branetti from BVLGARI was then introduced on stage. For this special occasion, Branetti brought to New York the David statuette that was originally awarded to Gina Lollobrigida for her best performance by an actress, in the film La donna più bella del mondo (The World’s Most Beautiful Woman). The David di Donatello, completely made of gold, was crafted by BVLGARI in 1955. Costume designers Roth, Poggioli and Zakowska later engaged in dialogues concerning the role of costume designers, the problems they encounter, and the rewards their work offers. Zakowska believes that “clothes are words” and costume designers write “visual poems” through their work. She evoked the excitement and the “magic moment” in which a designer understands that a character is born thanks to the costume.
Roth stressed the importance for an actor to find his or her character: some actors just want to be themselves, but in a film “it’s not about them, it’s about the character!” she exclaimed. According to Poggioli, a costume designer must know how to cut a costume and dye fabric, but also how to be a psychologist. The ability to communicate with directors and actors is a key factor to create characters that are in synch with the setting and the story. Both Roth and Zakowska addressed the disappearance of craftspeople like tailors and seamstresses, a phenomenon that now threatens the profession. The problem, however, is not just in the shortage of specialized craftsmanship, but in the number of films that are now massively produced, so the time to prepare costumes, as Poggioli explained, has been drastically reduced. Both Roth and Zakowska also lamented the conflicts that sometime rise with producers: as “artists in business,” the designers claim that it is better not to engage in any conversation with producers.
The two female costume designers also stressed their commitment to turn down offers to work on films and series whose settings and stories are degrading to women. The guests gave the audience some unforgettable memories: Poggioli’s encounter with Anthony Hopkins and his work on Fellini’s last film The Voice of the Moon; Roth’s recollections of finding clothes for Dustin Hoffman, and her purchase of a red fox coat for Brenda Vaccaro in Midnight Cowboy; Poggioli reprimanding Zakowska because you “cannot make a costume with the computer!” were just some of the gems of the night. Clips of the designers’ work were also shown, and the evening continued with an illustrated conversation between Professor Paulicelli and film producer Roberto Bessi, who talked about the history of Annamode, its role as one of the greatest cinematic and theatrical costume workshops, and the launch of “Annamode1946” a new fashion brand.
The evening ended with the American Premiere of a short film by Maria Tilli about a project and workshop funded by Louis Vuitton on a modern reinterpretation of a 1780 dress, featuring costume designers Maurizio Millenotti and Piero Tosi. The next appointment for this second edition of the Academic Festival IC-CUNY (Italian Cinema CUNY) is scheduled for November 13. This time he focus will be on Contemporary Italian Cinema. Eugenia Paulicelli, Massimo Mascolo and Claudio Napoli will introduce the screening of The New Made in Italy Series on Cesare Attolini: Made in Naples; the event will also screen Stolen Caravaggio (2018), directed by Roberto Andò. Both screenings will be followed by discussions. The final masterclass “Hybrid Intersections: Fashion, Costume, Cinema and Television” will be held on December 5.
It will feature a discussion with Professor Deepsikha Chatterjee and Siobhan Nestor, principal women’s draper at the Metropolitan Opera; a screening of The New Made in Italy Series showcasing the story behind Italian excellence in Fashion, Costume Design and Cultural Heritage by Massimo Mascolo, Claudio Napoli, and Eugenia Paulicelli.
The night will conclude with a conversation with two time Donatello Award winner costume designer Daniela Ciancio and Costume Concept Artist Christian Cordella. During the opening night of the Academic Festival, the Italian American actor John Turturro was in attendance.
He has worked closely with Donna Zakowska since they were both in the Theater program at Yale. He remarked that his mother was a seamstress, and he grew up surrounded by fabric
A perfect ending to a perfect evening! I am certain that the next two master classes will be as memorable as this one.